Viaggio in Giappone e Aikido: giorno 1

Beh sono riuscito a mettere insieme quasi quattro ore di sonno, non male considerato il jet lag. Comunque alle 4 ero bello sveglio, e mi sono dedicato a ripassare un po’ di vocabolario, fare colazione etc, alle 5.30 smaniavo preoccupato di dover fare anche la registrazione etc Esco e manco 5 minuti ero al dojo, la stanza ad 800 metri è stata una bella scelta. La lezione del doshu è stata tosta come pensavo, tecniche molto base, mostrate 4 volte e poi pratica intensa con il proprio compagno. La tecnica del doshu è molto essenziale, sembra tutto semplice, ma replicare quel livello di controllo sul compagno così senza sforzo apparente sembra impossibile. Comunque un signore di una certa età, Tanisan, mi ha invitato a praticare insieme, lì non si cambia uke per tutta l’ora, ed ho accettato volentieri. Ammazza che preparazione fisica, si è fatto tutta la pratica a ritmo sostenuto come tori ed uke, un po’ essenziale nell’attacco, il che mi ha creato delle difficoltà nello squilibrarlo, il che a sua volta si è tradotto in molte correzioni su shihōnage ed ikkyō ura. Mi è parso ci fossero ampi margini per tirare atemi, ma mi sono astenuto dall’entrare in forme di competizione, meglio prendere le correzioni ed integrarle. Caldo e umidità terribili, da drenaggio completo delle energie, ma la sorpresa è stata il tatami, così duro che a fine giornata mi fa male poggiare le ginocchia per terra, non per una contusione da trauma ma proprio per il sommarsi di microimpatti su una superficie completamente rigida, ad un certo punto per necessità di spazio mi sono seduto in seiza sul parquet intorno al tatami e ho trovato la sensazione piacevole, almeno non c’erano le centinaia di cuciture che per sfregamento o per il rilievo ti consumano la pelle di mani e piedi. Comunque la lezione di Irie sensei è stata interessante, passava da un attacco all’altro e non riuscivo a capire dove volesse parare, e invece era tutto imposto sul lavoro di irimi kaiten, anche se ogni volta con piccole variazioni. L’unica sorpresa è che non me lo ricordavo così piccoletto, eppure a Bologna nel 2004 mi aveva impressionato quando mi aveva bloccato un ingresso di katatori menuchi con un solo braccio, che a spingere contro un muro si ottenevano più risultati. È venuto a fare un giro di tecnica ed ho avuto una bella sensazione di forza e rilassatezza allo stesso tempo. Fortunatamente il tatami si era svuotato un bel po’ e stranamente faceva più fresco che all’ora prima. Il mio compagno era un giapponese sui due metri, piuttosto tranquillo fino a quando abbiamo lavorato in hanmihandachi, lui in ginocchio ed io in piedi, era già in difficoltà così , poi Irie sensei l’ha preso di mira ed è entrato nel pallone, prima che facesse in tempo a staccarmi un braccio è finita la lezione. Poi una pausa con quasi due ore di sono. L’accoglienza del mio compagno di stanza, il buon Federico, e via in fuga per la lezione del primo pomeriggio. Toriumi sensei, ha lavorato su delle traiettorie ampie disegnate in modo circolare dalle braccia estese, una gestione del maai molto simile a quella che conosco del maestro Fujimoto. Mi sono sentito abbastanza di casa, vuoi anche per il lavoro con un compagno di allenamento francese piuttosto posato. Un rapido ritorno a casa per cambiare keikogi e per sapere se Federico si fosse ripreso e via alla doppia lezione di Yokota sensei. Prima di tutto il piacere di ritrovare Francesco Re (https://aikidokoryu.wordpress.com) che ha deciso di vivere per un po’ in Giappone per studiare Aikido e spada, abbiamo praticato insieme ad entrambe le lezioni. Poi molte tecniche, anche avanzate e un po’ inusuali tipo ushirowaza katatetori kubishime lo strangolamento da dietro, rapide eppure molto precise sul piano tecnico, con molti parallelismi alla spada. Le uniche note stonate, la confusione imperante in buona parte degli allievi su qualunque cosa fosse variazione dalla base, e si che Yokota sensei affondava il coltello nella piaga fornendoti un 3-4 variazioni a tecnica. Il fatto che il maestro per tamponare parlava tantissimo, e pure sempre agli stessi, che se non ho capito male sono pure i suoi allievi. Di buono di sponda è che ho capito molto di più grazie a queste correzioni anche se le ho dovute quasi rubare fermandomi nella pratica. È interessante che il maestro ci abbia lasciato lavorare un po’ liberi sulle tecniche offerteci nella lezione dividendo i praticanti in due gruppi, che si sono alternati sul tatami, con lo spazio in più non ho potuto evitare le proiezioni grandi che mi ero risparmiato fino ad allora con cura per via del tatami, molto meglio di quanto temessi. Peccato che il tatami mi abbia dato un colpo definitivo sul suwariwaza, è stata una vera sofferenza. L’impressione a fine giornata è che sul piano dell’affaticamento muscolare si possa andare avanti qualche altro giorno così, a patto però di riuscire a tamponare il dolore alle ginocchia. Sono rimasto molto sorpreso dalla totale assenza di uchideshi nelle 5 ore di pratica, e anche dalla qualità media dei praticanti, ma tornerò sul tema più avanti quando avrò un quadro più completo. Domani Waka sensei, il più giovane dei Ueshiba, il maestro Yasuno, che ho già incontrato a Monza e nonostante la sua enorme capacità non sono ancora riuscito a decifrare, il maestro Sakurai e poi finalmente uno dei miei preferiti il maestro Osawa.
A domani

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