Giappone 2023, Giorno 3

Anche oggi altre quattro robuste ore di lezione del maestro Endo, per fortuna il giro alle Onsen ha aiutato moltissimo per il recupero muscolare. Devo dire che si cade molto facilmente in questa buona routine sonno-colazione-pratica-onsen-cena-sonno e così via, nel breve periodo aiuta perché ti permette di lasciare il resto del mondo fuori e dare il 100% all’Aikidō, ma forse c’è anche il rischio di perdere il contatto con la vita quotidiana vera, mi accorgo infatti di leggere notizie sui giornali italiani su internet e di provare assoluta indifferenza. Comunque per qualche giorno si può. Oggi c’era già più gente sul tatami perché comincia la sequenza di festività che sono il 3-4-5 maggio, e sono il nucleo della golden week, una specie di ponte gigante che i giapponesi usano per fare un po’ di vacanza per una settimana. A parte quei matti degli Aikidoka che invece si dedicano alla pratica. Comunque complice l’arrivo di gente nuova il maestro ha ripetuto molte delle parole che ha detto ieri, ma la cosa non mi stupisce si tratta delle fondamenta del suo lavoro. 自分の経験=jibunnokeiken, la propria esperienza, tutto deve passare attraverso la nostra esperienza personale, per questo è necessario un’osservazione continua di quello che succede nella relazione con il compagno di pratica di momento in momento e perché succede. Anche gli insegnamenti del maestro vanno sperimentati di persona, se restano solo parole ascoltate non servono a niente, quindi ogni lavoro proposto si deve studiare, provare, sperimentare, e sentire, solo allora può essere acquisito. Cosa sentiamo, proviamo noi è il punto fondamentale, e quando sentiamo di essere bloccati dobbiamo essere in grado di cambiare, subito, senza rimanere incastrati, senza cercare di superare la resistenza con la forza scadendo nella rigidità, allora la nostra visione si allarga ed è possibile realizzare tutto il potenziale.
Torno sull’argomento allievi stretti di Endosensei perché mi sembra si ripeta un pattern, cominciano sempre gentili e molto cauti, al punto che ci resti per un attimo male, quasi deluso, poi pian piano che ti conoscono e si fidano si lasciano andare, e da lì comincia la giostra, il movimento varia continuamente, inseguono e sfruttano ogni apertura mantenendo continuamente la connessione. Oggi insieme ad Oiwasensei lavorando Ushirowaza ho passato un quarto d’ora interessante, ho finito che boccheggiavo. Il maestro è pure andato avanti con il lavoro del kodachi, ci ha proposto un paio di variazioni di parata e contrattacco e poi ci ha lasciato lavorare liberi in coppia, sono stato fortunato a poter fare questo giro con Atobesensei, molto studio, tranquillo e con molta attenzione a non farsi male. Poi di nuovo un giro alle onsen ed infine cena in compagnia di Mya e Pasi, finlandesi, Craig, sudafricano, Stella, cinese che vive a Tokyo, Hiro, giapponese che ha vissuto molto tempo in Europa, è il primo giro di ramen di questo viaggio e non era male.
Oggi non ho rischiato disastri, quindi giornata di grande successo.
Ah no, il maestro ha deciso di chiamarmi Marco Polo, non so se la cosa gli resti in memoria più facilmente o semplicemente lo diverta, fatto sta che pronunciando alla giapponese a me suona MarcoPoro, e nella mia mente romana automaticamente nasce il completamento PoroMarco!

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