Giappone 2.0 e Aikidō: giorno 11

Sabato è stata una giornata molto bella, ma anche molto ma molto faticosa, soprattutto considerato l’affaticamento accumulato il venerdì passato con 4 ore e mezza di pratica. La prima lezione del sabato non comprende la solita alzataccia delle 5.30 ma è condotta sempre dal Doshu, che imposta la sua lezione sempre sul kihon waza, in pratica un giro completo di tecniche su Shōmenuchi e morotedori kokyūhō sono sempre fisse, poi alcune volte si continua a lavorare in morotedori altre volte diverse forme da Ushirowaza. La tecnica è ridotta ad una forma così scarna, base che farla funzionare diventa davvero difficile se si vuole studiare seriamente, perché il taisabaki va regolato completamente sul tempo di risposta di uke. E come dicevo altrove è per questo che a seconda di con chi si lavora cambia tutto. Poi un’altra ora con il maestro Kobayashi, che mi interessa pian piano di più, non ha un Aikidō travolgente come può essere quello del maestro Miyamoto ma lo trovo molto coerente, e chiaro per come viene presentato. Il tempo di una fuga rapida a casa per una bella doccia calda e un carico di keikogi e seguendo le indicazioni parto di nuovo per etsujimae, la stessa zona dove si è svolta la lezione del maestro Endo venerdì sera, ma in un posto diverso, un centro sportivo universitario della facoltà degli studi di biologia marina aperto a tutti. Per strada vengo intercettato da Stella e Suzuki e beh è davvero strano trovarsi ad una fermata della metro di Tokyō ed essere chiamati per nome. La lezione del maestro Ariga mi lascia davvero sorpreso, il lavoro proposto è incredibile, un lavoro sulla connessione e la sensazione, tralasciando l’uso delle tecniche, molto affascinante. E che richiede un lavoro enorme al maestro Ariga, perché quando punti sulla ricerca di un determinato feeling è necessario un contatto diretto e continuo con il maestro, e quindi Ariga è ovunque sul tatami, per “impostare” il tuo lavoro nella giusta direzione. Quando non capisci o non funzioni lo devi chiamare e lui a spiegarti attraverso il contatto come Tori ed uke cosa si deve fare. Quando si passa alla tecnica libera su shōmenuchi è di nuovo a girare con tutti, adattandosi ad ognuno senza problemi, ed anche contro persone più sfidanti (e ce ne sono) la natura del suo rispondere non cambia, è come guardare l’acqua di un fiume, si adatta, accelera, rallenta, sale, precipita indifferentemente, e alla fine tutti cadono non perché hanno subito una tecnica specifica ma perché il nostro adattarsi non regge il suo mutare. E ci tiene moltissimo a trasmettere quello a cui è arrivato, la “sua” idea di Aiki. Forse dovrei dire la nostra perché la condivido pienamente, ho avuto modo di assaporarla su un esercizio che è di quelli che a vederli da fuori non puoi davvero crederci, si vede anche nei filmati di Osensei, lui in seiza lievemente inclinato in avanti “resiste” alla spinta contro le spalle di te in piedi, beh 10 volte su 10 mi sono trovato pancia a terra dopo aver pattinato contro un ostacolo non tanto inamovibile quanto inafferrabile, si ha tutto il vantaggio immaginabile nel poter applicare la forza ma non si trova il punto dove applicarla nonostante il contatto. È qualcosa che va provato perché è impossibile da descrivere, quindi vi tocca aggiungere anche almeno un seminario di Arigasensei ai vostri programmi annuali. Non penserete mica che la giornata sia finita qui, perché Suzuki mi informa che il maestro Endo tiene una lezione anche oggi però a Funabashi, nel distretto di Chiba che tocca Tokyo ma è separata. Un bel viaggio per raggiungere questo centro moderno dalla struttura classica che comprende un tatami molto grande che però condividiamo con una lezione di Karate. Non posso aggiungere molto a ciò che vi ho già detto durante i giorni trascorsi a Saku, giusto mi permetto di esprimere una sana invidia per questi allievi dei vari dojo di Tokyo e dintorni che hanno la fortuna di ospitare settimanalmente il maestro. A volte “solo” tra le trenta e le quaranta persone, di qualunque grado, sono lì a prendere ukemi per il maestro Endo che gira ciclicamente sul tatami, e i risultati si vedono, praticanti con i contro fiocchi che fanno un’intensità alla pratica profonda. Dopo un’ora e mezza hai l’impressione di aver praticato per ore considerato l’energia mentale e fisica che si spendono, e sia io che Suzuki riusciamo quasi solo a strisciare fino a casa, facendo però una base per cenare a base di ramen a Shinjuku. E qui condivido la scoperta dello shioramen, ovvero del ramen con il semplice brodo salato, può sembrare poco ma vi assicuro che dopo una decina di giorni io odio il sapore a base di shoyu (la salsa di soia usata come correttore di sapidità) che trovo ovunque e un break è davvero apprezzato.

Comments are closed.